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Il digitale per noi è un mezzo: il successo del tuo business è il fine. Il team Argoserv, compatto e coeso dal 2003, studia e applica le migliori strategie di marketing e le tecnologie per portare al successo le aziende e i partner che scelgono di lavorare con noi.
Sin dalla lettura delle prime righe di WEB 3.0 mi è venuta in mente un’analogia con un racconto narrato all’inizio di un libro altrettanto interessante e con le lancette ugualmente rivolte verso il futuro: quello di Daniel Burrus, Flash Foresight. Il saggio del futurologo americano, nelle sue battute iniziali, racconta come una ragazzina ed una tribù siano riusciti ad evitare le conseguenze nefaste della più grande catastrofe naturale degli ultimi decenni: lo tsunami nell’oceano indiano del 2004.
La tragedia è stata preannunciata da un evento straordinario e misterioso: le acque dell’oceano prima di travolgere tutto, si sono ritirate, svelando i meravigliosi fondali marini. Il segnale è stato lo stesso per tutti ma le reazioni sono state differenti. La maggioranza o si è mossa per godersi lo spettacolo avanzando verso il mare, o è rimasta indifferente continuando a fare ciò che stava facendo: la ragazzina che aveva studiato il terremoto a scuola poco tempo prima e conosceva il fenomeno delle onde anomale, al ritirarsi delle acque, ha obbligato la famiglia a rifugiarsi nella zona collinare più vicina.
La stessa cosa hanno fatto gli abitanti di una delle tribù indigene che, non ancora occidentalizzati (a differenza di altre etnie locali) e tramandandosi oralmente racconti antichi in cui si narra di fenomeni simili, al verificarsi dell’evento straordinario, subito si sono adoperati per mettersi al riparo. Il finale della storia, ahimè, è noto a tutti.
Il futuro? Uno “tsunami” che travolgerà tutto e tutti…
Non è piacevole parlare di tragedie ma lo faccio solo perché la metafora mi pare adeguata: il futuro si prospetta come uno tsunami che travolgerà tutto e tutti e quelli che, non ponendosi le giuste domande su come trasformarlo e come anticiparlo e non riuscendo a comprenderne la direzione, rischiano di subirlo. L’evento straordinario, nel nostro caso, è l’accelerazione esponenziale delle tecnologie, di cui spesso non ci rendiamo conto, che sta cambiando e cambierà sempre più visceralmente il nostro modo di pensare, di lavorare, di rapportarci con gli altri, di fare economia, di fare politica.
È dai segnali o, semi incastonati nel terreno (come li chiama Naisbitt, un altro guru che negli anni 80 ha previsto tutti i più importanti (mega)trends degli anni a venire), ovvero dal racconto delle aziende e delle tecnologie che stanno disegnando il nostro presente, che iniziano le riflessioni di Rudy Bandiera, il quale, con parole semplici e comprensibili, cerca di metterci a disposizione una bussola per navigare nel domani, raccontando presente e passato e tentando di far cogliere il filo rosso dietro le evoluzioni che ci attendono nei prossimi lustri.
Il libro, soprattutto, mette in guardia dalle conseguenze nefaste del digital divide: in un mondo che corre a velocità sconosciute a qualsiasi altra epoca storica, che (come c’insegna il grande Zygmunt Bauman) è diventato liquido, non conoscere, interpretare e reagire correttamente ai segnali può essere letale (per aziende, professionisti ed impiegati, ma anche per l’uomo della strada).
Per colmare il digital divide è sufficiente fornire a tutti gli stessi mezzi e le stesse tecnologie?
Se interpretiamo tale termine in senso stretto sicuramente si. Se non si ha accesso alle nuove tecnologie quali smartphone, banda larga, Internet, tool, software e chi più ne ha più ne metta, sicuramente si rimane tagliati fuori.
Ma nei paesi nei quali il web 2.0 è arrivato, nei quali tutti dispongono delle medesime tecnologie, esiste un altro divide forse ancora più pericoloso: fra quelli che riusciranno a cogliere i frutti della convergenza tecnologica in maniera spropositata rispetto a quanto accaduto in passato (nella logica del winner takes it all) e quelli che rimarranno indietro, in condizioni quasi subumane (n.b. il monito per colletti blu e colletti bianchi è forte: visto che, ahimè, la classe media si estinguerà). È secondo Rudy (e condivido pienamente) oltre che una necessità, un dovere morale non rimanere indietro: lo dobbiamo a noi stessi e al mondo nel quale viviamo.
Web 3.0 e nuove tecnologie: corriamo with the Machine
Dobbiamo fare la corsa non “against the machine” e metterci nell’ottica luddista ma “with the machine” per aiutare a creare lo scenario nel quale vorremmo vivere. E allora, per continuare a correre, dobbiamo conoscere il significato di certi termini quali web semantico, web 3D, realtà aumentata e web 3.0 o web potenziato. Non solo, dobbiamo anche chiarirci, cosa significhino i vari passaggi tecnologici già vissuti: dal web 1.0 al 2.0, per comprendere ancora meglio quello che ci aspetta. Il futuro è una selva oscura che nasconde rischi ed opportunità: Rudy Bandiera ci aiuta a fare un po’ di luce.
Web 3.0 ci invita a riflettere e ad essere attori del cambiamento
Particolarmente interessante ho trovato l’ultima parte, quella fatta di riflessioni su problematiche scottanti che fanno immaginare nefasti scenari distopici: dai rischi connessi alle tematiche relative alla privacy, al fatto che il potere delle multinazionali si stia sovrapponendo e stia sopravanzando quello degli stati (è la stessa motivazione critica che Lenin individuava fra le cause del lo scoppio della prima guerra mondiale), al fatto che la legislazione sia impotente di fronte al ritmo di quello che Kevin Kelly chiama il Techium (in what technology wants).
Infine un monito a tutti noi web marketer, che spesso ce la suoniamo e cantiamo da soli, e diventiamo autoreferenziali (cito testualmente):
“il punto di vista è uno ed uno solo soltanto: si è perso di vista che al centro di tutto ci sta la persona, con le sue voglie, le sue paturnie e le sue necessità.
Si è perso di vista, impazzendo tra statistiche ed algoritmi, che le persone sono sui social solo ed esclusivamente per un motivo: cazzeggiare.
I social sono una enorme opportunità, possono essere una vetrina interattiva nella quale le aziende parlano con i propri clienti, così come possono essere un non-luogo dove conoscersi, unirsi e, perché no, vendere.
Possono essere davvero la piazza di domani ma ci vuole un modello che sia su misura per tutti, altrimenti il rischio bolla è davvero grosso…” e “dobbiamo fare capire che esistono delle opportunità che vanno ben al di là di quello che tutti noi abbiamo pensato fino ad oggi nel mondo del commercio, ma queste opportunità sono umane, divertenti, brillanti e fatte di carne.”
Intelligenti pauca… Buona lettura! 😉
Se pensi che quelli di cui parla Rudy siano scenari fantascientifici, goditi questo video:
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P.S. → Leggi anche “Fai di te stesso un brand” di Riccardo Scandellari
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