Il partner digitale per far crescere il tuo business
Il digitale per noi è un mezzo: il successo del tuo business è il fine. Il team Argoserv, compatto e coeso dal 2003, studia e applica le migliori strategie di marketing e le tecnologie per portare al successo le aziende e i partner che scelgono di lavorare con noi.
Per questo articolo, ringrazio Valeria Lo Cicero che mi ha aiutato ad analizzare la situazione della Sicilia.
A meno di 100 giorni dall’inaugurazione, finita la stagione nella quale si schiudono gli odori freschi degli agrumi e si stappa il vino nuovo, i pensieri sono tutti per l’Expo. Da nord a sud, certo, ma ancor di più in Sicilia: la regione coordinerà infatti il cluster internazionale dedicato al Bio-Mediterraneo, un ruolo non casuale che riconosce a questa terra di affascinanti matrimoni culturali la veste di portabandiera dell’incontro fra le radici di sapori lontani.
Sotto la lente ci sarà la dieta mediterranea, non soltanto italico pilastro alimentare, ma anche vero e proprio contenitore di cultura e sana consuetudine, dove la tutela della biodiversità consente di tramandare ed innovare antichi sapori e mestieri tradizionali come la pesca, l’agricoltura e con essa la viticoltura.
Dai terreni confiscati, al vino
Da terra che si rinnova, dove i terreni confiscati alla mafia diventano grembo fertile per prodotti nati alla luce del sole, la Sicilia ha fatto del vino un segno rappresentativo della produzione all’insegna della legalità. È il caso – per citare un esempio – di un nero d’avola, il Tataratà, promosso per la messa in commercio lo scorso novembre, ed etichettato col nome di una festa tradizionale che ogni anno si svolge in uno dei paeselli dell’Agrigentino, territorio nel quale i diciotto ettari confiscati alla mafia, il cui vigneto è stato testato da un team di enologi piemontesi, sono diventati la terra di una vendemmia non-ordinaria, di cui i volontari di Libera Terra si sono fatti carico per arrivare ad un prodotto di qualità e commerciabile.
Tuttavia la Sicilia ed i suoi prodotti enoici, come molte altre regioni d’Italia che stanno pur vivendo momenti di grande soddisfazione, non riesce – come si suol dire – a sfondare sul mercato e fra i brand, a farsi davvero conoscere come meriterebbe a livello internazionale (e forse ora mi tirerò addosso ire funeste di qualcuno…) e a diventare sinonimo di “italiano”, come lo sono altri vitigni: penso alla fama mondiale del Barolo, del Barbera o del Chianti…
Il vino aggrega l’Italia, almeno all’Expo
In un’intervista per WineNews, il presidente del Comitato Scientifico del Padiglione Vino, Riccardo Cotarella, ha svelato in anteprima alcune curiose novità del “Tour dei Territori” del vino che chiamerà in causa produttori e Consorzi: “Parleremo dell’attualità, più che della storia – ha raccontato Cotarella – di ciò che oggi l’Italia può offrire, e che non poteva offrire 30-40 anni fa”.
“Logicamente, non parleremo di marchi, non parleremo, per esempio, di “Chianti”: parleremo di Toscana e Sangiovese, poi il rimando a vini particolari ovviamente è quasi automatico. L’ultimo evento che vogliamo fare (all’Expo ndr), che è anche quello più impegnativo, in un anfiteatro da 1.300 posti, è quello con cui vorremo legare al vino dell’Italia altri prodotti importanti del Belpaese che tutti conoscono nel mondo: la musica classica, l’arte e la moda. E faremo il possibile per far capire che l’Italia è un paese ricco in tutto e per tutto, e che il vino è l’elemento aggregante, perché si fa dalla Val d’Aosta a Pantelleria, e c’è zona che non abbia un vino distintivo, sia con i vitigni autoctoni che con quelli internazionali. Una varietà che non bastano 6 mesi per raccontarla tutta, ma ci proveremo e siamo convinti di farlo bene”.
Un’occasione unica, aggiungo io, per cercare di fare rete e creare un network del vino italiano che – superando primati e blasoni – ma conservando una territorialità necessaria alla comprensione profonda del prodotto enologico, può dare solo frutti positivi, specie per l’export che continua ad essere ancora appannaggio di pochi vitigni e prodotti in modo soddisfacente.
Aggregati sì, ma qualcuno sa fare meglio
Starai pensando che è normale, che c’è sempre qualcuno che fa meglio di altri, che le il mercato non può trovare un’omologazione né un appiattimento. Hai perfettamente ragione, è così in ogni settore, ma quello che succede nel mondo del vino è assai atipico.
Mi spiego (e andrò davvero in soldoni): il vino italiano è riconosciuto nel mondo come un prodotto di qualità e, spesso, di alta gamma. Ma quali sono i vini italiani più conosciuti all’estero? Una domanda che sottende, nella sua risposta, anche la ragione del mio titolo a questo paragrafo.
Perché Barbera, Chianti, Brunello e pochi altri, sono sinonimo di Italia, mentre altri prodotti non raggiungono questo grado di notorietà? Non è questione di “bontà” del prodotto. Non è (solo) questione di storia del prodotto, a mio giudizio, ma di marketing e comunicazione efficaci.
Un esempio su tutti? Il Franciacorta.
Il caso del Franciacorta, le bollicine che tutti conoscono
Perché il Franciacorta sì e – faccio solo un esempio – lo spumante abruzzese no?
Il Franciacorta sarà l’unico vino ufficiale dell’Expo 2015 (è notizia di queste ore) perché lo sanno fare meglio di tutti gli altri. E non parlo del vino in sé, ovviamente.
Sto parlando di marketing, di promozione e, soprattutto, di branding.
Non serve andare tanto indietro nel tempo: se una decina di anni fa ti avessero nominato il Franciacorta probabilmente non avresti neanche saputo dire di che vino si tratta. Oggi tutti sanno che è uno spumante, persino gli astemi ed è, infatti, un prodotto in autentica impennata: Il Consorzio ha venduto, nel 2014, 15,4 milioni di bottiglie, di cui 1,4 milioni sul mercato estero (9,2% del totale) ed è cresciuto del 12,8% sul 2013.
Il “segreto” del Franciacorta risiede in gran parte nella strategia di marketing e comunicazione che si porta appresso. Parliamoci chiaro: è un ottimo prodotto e anzi i primi anni del successo si è affermato ed è stato promosso proprio come couvée di qualità.
A confermarlo, il Presidente del Consorzio Tutela Franciacorta, Maurizio Zannella: “Per i primi anni abbiamo puntato tutto sulla ricerca della qualità, ritenendo che fosse questo il requisito fondamentale sul quale fondare le basi per essere riconosciuti nell’ambito dei vini di qualità. Solamente quando abbiamo raggiunto un certo standard medio qualitativo, abbiamo avviato un’attività di comunicazione che punti prima di tutto a far conoscere il prodotto ai consumatori, legandolo sempre più al suo territorio d’origine”.
Il “caso Franciacorta” sta diventando un riferimento per studi di settore, è una testimonianza che si possono adottare strategie vincenti per far nascere grandi realtà, grandi business e fare vero marketing territoriale, facendo girare le economie di intere aree.
La fama non è questione di fortuna ma di metodo
La Franciacorta ha qualcosa in più di altre zone d’Italia? Il Franciacorta è più buono di altri spumanti? Ovviamente no. Però il loro lavoro sul branding è stato concertato, coerente ed efficace.
Hanno iniziato una ventina di anni fa ed oggi lanciano un nuovo sito web (www.franciacorta.net) proprio in concomitanza con la loro “nomination” all’Expo. Nello stesso sito web c’è spazio per tutto quello che include il brand, il territorio, il vino, il lato turistico, gli aspetti social. Ci sono le cantine della Franciacorta, c’è un divertente schema sulle caratteristiche del couvée, sulle fasi di vinificazione e spumantizzazione e sul metodo Classico.
Mi sembra ci sia, in questo caso più che in altri, la voglia di parlarne con il pubblico, di far sapere e di ascoltare. Cos’altro c’è di meglio per una buona azione di marketing che aprire ed alimentare conversazioni?
Ora lo sai. Inizia a stimolare conversazioni sul tuo prodotto
Questo è “gran segreto del marketing“. C’è bisogno che se ne parli, possibilmente bene e il più possibile.
Ciò non avviene spontaneamente: hai bisogno di una strategia di marketing e comunicazione efficace che sappia – tra le altre cose – intercettare gli influencer giusti e stimolarli a parlare del tuo prodotto. Bisogna raggiungerli, incuriosirli, offrire loro informazioni e spunti, regalare qualche “chicca” e poi raccogliere i frutti di tanto lavoro per continuare a parlarne ancora.
Non hai la più pallida idea del lavoro che va fatto? Non preoccuparti. Per questo ci siamo noi. 🙂
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